Questo scritto di mia sorella Sara mi ha emozionato e per questo vorrei condividerlo, anche se non parla di montagna.
Tratto dal semestrale “…da Cimbergo”, scritto da Sara De Marie
“Forse lui sapeva, al contrario di me, che la terra è stata fatta rotonda perché non potessimo guardare lontano…” E’ una delle frasi più famose del più famoso film sull’Africa: “La mia Africa”. Ma non è più (se mai lo fosse stato) così. Nemmeno per le realtà piccole come le nostre. Oggi anche nelle piccole realtà capita di imbattersi in uno di loro, gli immigrati arrivati col gommone, come diciamo noi, quelli che arrivano e…”hai visto che cellulare?” e se riescono a pagare un viaggio così i soldi ce li hanno, altro che!” Da un’idea a grandi linee ce li troviamo lì, la loro realtà di rifugiati ci si para davanti, improvvisamente li incontriamo di persona, diventano entità fisiche e non solo immagini viste di striscio al telegiornale mentre siamo immersi nelle nostre discussioni serali. Ho chiesto, tanto per riempire un momento “vuoto”, ad uno di questi africani come fosse arrivato in Italia ( e mentre lo facevo mi mordicchiavo le unghie pensando agli impegni che non avevo ancora portato a termine, vi lascio immaginare quindi con quale interesse lo ascoltassi!). Ma quelle poche parole, sempre ponderate, separate da silenzi che dicevano tutto, hanno attirato invece il mio interesse e, dopo uno sguardo indagatore e severo, guardando quegli occhi neri e profondi, lontani e imperscrutabili, comincio a fidarmi e capisco che…si fa presto a dire Africa! L’attraversamento a piedi del deserto del Sahara, giorni e notti a camminare, e quando pensi di essere in salvo ricomincia l’incubo. Gommoni da un metro di raggio su cui si sta incastrati che neanche fosse una gara da guinnes, quel pezzo di Mediterraneo che sulla carta dei mari è un niente ma può essere lungo una vita se lo attraversi così, che quei compagni di viaggio che non conosci diventano una parte di te, il cuscino su cui poggi la testa mentre, stremato, il sonno ti vince…Se sei fortunato, se capiscono di potersi fidare, che non capirai mai la loro realtà, ma, perdio, almeno cercherai di farlo, cominciano a raccontare. Ma lo fanno con noncuranza, quasi con leggerezza, sicuri che se non lo provi non puoi capire come la vita vista da un gommone non possa essere un grande spettacolo e che …c’è mare e mare!. Ascoltandoli mi accorgo che la distanza dal deserto africano è più grande di quanto non potessimo immaginare… Ho capito che è vero, il nostro quotidiano, il nostro benestare non ci permetterà mai nemmeno lontanamente di capire cosa hanno vissuto, cosa hanno passato e provato, ma che possiamo almeno sforzarci di ascoltarli o, per lo meno, non giudicarli.
La foto sopra ritrae un pezzo di spiaggia di Alghero (Sardegna); la foto in evidenza invece si trova ad Oristano, sempre Sardegna.