( tratto dal”….da Cimbergo”)
In uno stile asciutto ed essenziale, Giovanni Polonioli(ol Gioanete), involontario protagonista, racconta la sua esperienza di guerra(prima il fronte russo, quindi il rastrellamento tedesco che lo vide vittima) intendendo con essa non dare interpretazione di un evento politico e militare, ma scorrerne la quotidianità, perché…” LE GUERRE NON SONO MAI COME LE RACCONTANO NEI LIBRI DI STORIA…SONO FATTE DELLA SOMMA DEI DOLORI, DELLE SOFFERENZE, DELLE PAURE DI MILIONI DI UOMINI SEMPLICI, MANDATI A MORIRE SENZA GLORIA…PER MOTIVI ASSURDI E SEMPRE INUTILI…”
Parte prima
1942, militare a Piacenza.
“Prestavo servizio da ormai diciotto mesi quando, pronti a partire per l’Africa, ci destinarono in Russia(l’Italia era impegnata in guerra in Africa, in Grecia e in Russia, appunto). La compagnia in cui mi trovavo non era in prima linea, com’erano gli alpini.. eravamo addetti al recupero materiali. Anche là, comunque, non fu un piacere. Ci furono momenti brutti e meno brutti(se lo si può dire di una guerra). Ero l’unico della compagnia. Di Cimbergo, intendo. Gli alpini, invece, erano una decina. A settembre passarono dove eravamo accampati noi, si fermarono un giorno e una notte. Andai a trovarli, allora. Rividi, tra gli altri, Leone Polonioli(ol por liù doi dase), Giovan Maria Zanotti(doi gac), i due fratelli Gennari(i du uardine). Valentino De Marie(ol Valento de buna) e Giorgio Uberti non erano con loro, erano avanti -mi dissero- con le salmerie*.
Quindici mesi di stenti, fame e freddo. Segnammo la ritirata a Dicembre, in prossimità del Natale. Loro(gli alpini) che erano al fronte, rimasero fino a Gennaio. Dovettero aspettare che sgelasse il Don per attraversarlo coi carri armati. E i Russi sapevano. Che il Don cioè sarebbe gelato e che il nemico avrebbe tentato la fuga per quella via. E così fu. Noi si sapeva che sarebbe stato un inverno gelido(e lo fu non solo dal punto di vista meteorologico), ma non conoscevamo questo particolare. Valentino De Marie morì durante quella ritirata. A vent’anni.
Scappammo coi camion, sette o otto. Io ed altri(una decina in tutto) ci fermammo alla sussistenza* per far scorta di cibo, ma ci raggiunsero i Russi e cominciarono a sparare, bombardare. Un tenente, che era con noi, mi ordinò di strappargli i gradi dalla divisa; ordinò anche che ci si rivolgesse a lui come ad un qualsiasi commilitone. Se i Russi avessero scoperto che era un graduato…Bombardarono il camion ed in 5 o 6 non riuscirono a scappare. Qualcuno, preso dal panico, non si unì ai più nella fuga, perché temeva che sarebbe stato facile per il nemico avvistare il gruppo, ma questa scelta lo perse. Camminammo tre giorni consumando duecento chilometri, nella neve della campagna russa. Si cadeva, ora l’uno ora l’altro, e servivano almeno quattro uomini per rialzarci, tali erano gli stenti. Quando si riusciva…Più di uno, infatti, ferito o non in forze, non si salvò. Molti morirono assiderati.”
(Continua…)
*sussistenza=ci andavano i soldati per far rifornimento; si trovava solo dove arrivava la linea ferroviaria; ad ogni soldato spettava una determinata quantità di cibo
* salmerie=reparto addetto al trasporto di persone e cose, a dorso di muli.