Il piccolo Gno salutò la mamma e si avviò. Iniziava una nuova avventura perché era il primo giorno di scuola. Aveva tanto sentito parlare da Pa e Ma che da grande sarebbe andato a scuola ed era finalmente arrivato il momento tanto atteso. Dentro di sé sentiva strane emozioni: agitazione, curiosità, eccitazione e paura perché non sapeva chi avrebbe incontrato, cosa avrebbe fatto, e se non fosse stato capace di scrivere? di leggere? di fare i conti? Era facile per Ma dire che anche gli altri gnometti erano come lui, che si andava a scuola per imparare, che i maestri e le maestre erano lì proprio per aiutarli. Basta! Doveva pensare ad altro. Ecco il vecchio larice che si stava preparando al grande sonno invernale colorando i suoi aghi di un bell’arancione. Tra qualche giorno li avrebbe lasciati cadere così da sopportare meglio il freddo ed il gelo. Qui in inverno la neve cadeva abbondante ed il sole non scaldava il terreno con i suoi raggi, solo a fine gennaio per un attimo ritornava ad illuminare il villaggio. A febbraio invece brillava tutto il giorno. Ma perché? Boh, lo avrebbe imparato a scuola. Che voglia di imparare, di conoscere cose nuove, nuovi amici, di sapere tutto quello che sanno i grandi. All’improvviso venne svegliato dai suoi pensieri da una voce conosciuta: “Gno, mi aiuti?” Per terra c’era Pi, un piccolo picchio che stava imparando a volare. Non riusciva ad alzarsi e riprendere l’allenamento perché la sua zampetta era finita nella linguetta di una lattina gettata incautamente sul sentiero. Dolcemente Gno con pazienza liberò Pi che, saltellando pericolosamente, controllò che tutto fosse a posto. Anche lui si stava recando a scuola, la stessa di Gno perché gli abitanti del villaggio non vedevano le differenze che c’erano tra loro ma solo ciò che avevano in comune, ben consapevoli che ognuno era diverso dall’altro e che tutti insieme mandavano avanti il loro mondo.